LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso contro il direttore provinciale del tesoro di Bolzano (nota n. 6701 del 16 ottobre 1981) proposto dalla sig.ra Anna Giulia Fedeli ved. Modolo domiciliata elettivamente in Roma, via E. Quirino Visconti, presso gli avv.ti Luigi de Guelmi e Umberto Coronas. F A T T O 1. - Il dott. Alberto Modolo, nato il 17 marzo 1908, dopo aver prestato servizio presso il Ministero dell'industria e commercio, fu inquadrato, dal 1º maggio 1969, nei ruoli della C.C.I.A. di Bolzano con la qualifica di direttore generale venendo poi collocato a riposo, a decorrere dal 1º luglio 1972, con il trattamento di quiescenza spettantegli. Egli contrasse matrimonio il 16 aprile 1979 con la sig.ra Anna Giulia Fedeli e venne a morte il 14 aprile 1981, prima del decorso del biennio di cui all'art. 81, terzo comma, del testo unico 29 dicembre 1973, n. 1092, il che costitui' motivo di reiezione della domanda di pensione di riversibilita' proposta dalla ricorrente (nota n. 6701 del 16 ottobre 1981 della d.p.t. di Bolzano). Negli scritti difensivi la parte ricorrente pone in risalto la discriminazione esistente (tra la normativa che regola i requisiti per l'accesso alla pensione di riversibilita' nel settore pubblico (art. 81, secondo e terzo comma del d.P.R. n. 1092/1973) e la normativa che stabilisce i requisiti per la pensione nel settore privato gestito dall'I.N.P.S. (art. 24 della legge n. 153/1969) soffermandosi sul fatto che nel settore pubblico - per il diritto a pensione di riversibilita' - il matrimonio deve essere contratto prima che il pensionato compia il sessantacinquesimo anno di eta' (art. 81, secondo comma" mentre nel settore privato la pensione di riversibilita' non spetta solo se il matrimonio del pensionato ultrasettantaduenne sia durato meno di un biennio. Dopo ulteriori considerazioni la parte solleva eccezione di legittimita' costituzionale "dell'art. 81, secondo comma e, se occorre del terzo comma del testo unico n. 1092/1973 per violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione laddove stabilisce l'eta' di anni 65 anziche' l'eta' di anni 72, come previsto dall'art. 24 della legge n. 153/1969, ed impedisce la liquidazione della pensione di riversibilita' in favore della ricorrente. . .". Nella pubblica udienza odierna l'avv. Guido Romanelli, delegato dell'avv. Umberto Coronas, ha insistito nelle esposte considerazioni mentre il pubblico ministero ha chiesto la reiezione del gravame con declaratoria di manifesta infondatezza essendosi la Corte costituzionale pronunziata negativamente sulla base del pluralismo degli ordinamenti. D I R I T T O 2. - L'art. 81, terzo comma, del testo unico approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, e' stato di recente dichiarato incostituzionale dalla Corte verificatrice limitatamente alle parole "e che la differenza di eta' tra i coniugi non superi i 25 anni" (sentenza n. 587/31 maggio 1988). La norma suindicata richiede quindi ancora "alla vedova del pensionato che ha contratto matrimonio dopo la cessazione dal servizio e dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di eta'" la condizione "che il matrimonio sia durato almeno due anni". Poiche' il matrimonio tra la Fedeli e il dott. Modolo e' durato un anno, undici mesi e 28 giorni, e' evidente che la ricorrente non rientra nella condizione predetta onde il gravame andrebbe reietto. Cio' rende rilevanti: a) la questione di costituzionalita' che la Sezione intende riproporre d'ufficio nei confronti della suindicata limitazione, nella sua interezza; b) la questione di costituzionalita' che la parte ha sollevato senza contestare la necessita' del biennio ma mettendo in risalto la diversa disciplina tra pensionistica I.N.P.S. e pensionistica statale circa l'inizio del calcolo del biennio stesso (72 anziche' 65 anni). Le questioni non sembrano infondate, alla luce delle considerazioni che seguono. 3.1. a) - Ritiene il collegio che la limitazione suindicata violi la Costituzione sotto vari profili vulnerando, in primis, il principio di uguaglianza (art. 3) in quanto discrimina le vedove (o i vedovi) il cui coniuge sia durato (almeno due anni) e vedove (o vedovi) con durata di matrimonio inferiore. Il riconoscimento del diritto a pensione di riversibilita' e' infatti affidato a una circostanza futura, incerta, imprevedibile, sul cui prodursi o meno nulla puo' l'umana volonta'. Se il biennio non e' compiuto, il matrimonio, pienamente valido agli effetti civilistici (ivi compresi quelli successori) risulta, ai fini pensionistici, tamquam non esset ledendo i fondamentali diritti della famiglia come societa' naturale fondata sul matrimonio (art. 29 della Costituzione); ne' il legislatore - che si e' giustamente preoccupato di assicurare un trattamento economico o pensionistico al coniuge divorziato o separato per colpa - ha previsto, per la suddetta ipotesi, alcuna misura (anche se piu' limitata) di sostentamento per il coniuge del pensionato nonostante lo scioglimento del vincolo sia avvenuto per morte e non per volonta' di coniugi. 3.2. - Sono poi evidenti gli effetti distorsivi della limitazione ove si consideri che da un matrimonio tra due pensionati - titolari di pensioni dirette - potrebbe derivare la pensione di riversibilita' per l'uno di essi e non per l'altro. E' il caso del matrimonio fra il pensionato non sessantacinquenne e il pensionato di eta' superiore. Se siffatto coniugio dura meno di due anni il secondo puo', cio' nonostante, conseguire la pensione di riversibilita' mentre l'altro non puo' ottenerla. Cio' in quanto la presunzione di frode - che non ammette la prova contraria e sembra aver riguardo a situazioni di sottosviluppo e di arretratezza economica e sociale - colpisce solo il soggetto piu' giovane (spesso solo di qualche anno) e non anche l'altro il che, a parte la sua incoerenza, da' indiretto rilievo alla differenza d'eta' tra i due coniugi in contrasto con l'insegnamento della Corte costituzionale (sentenza n. 587/1988). 3.3. - Il legislatore ha inteso tutelare la famiglia - e per famiglia non puo' non intendersi anche quella tardivamente creata con tutto un sistema di norme che integrano un sistema minutamente disciplinato per tale, delicatissima istituzione. Cio' consente di dubitare che di fronte al pubblico interesse per la tutela della famiglia debba prevalere il pubblico interesse dell'erario realizzato con una norma di sbarramento la cui esistenza comprime il diritto del pensionato alla formazione della famiglia (art. 31 della Costituzione) incidendo altresi' negativamente sulle garanzie retributive (art. 36 della Costituzione). 3.4. - Giova ricordare che la presunzione assoluta della frode - secondo l'abrogato art. 13 del r.d. 18 novembre 1920, n. 1626 colpiva il matrimonio "contratto dopo che il militare (ancora in servizio) aveva compiuto l'eta' di cinquant'anni" a meno che esso non fosse (anteriore di due anni almeno al giorno della cessazione del s.a.p. ovvero se fosse nata prole". Con la legislazione successiva l'elemento della "frode erariale" fu ritenuto immanente (e non sempre) ai tardivi coniugi con pensionati e non piu' a quelli con dipendenti in attivita' di servizio anche se in eta' inoltrata. Cio' indubbiamente costituisce una evoluzione del sistema, ma e' una evoluzione insufficiente perche' non sembra che nella societa' contemporanea, in presenza di norme costituzionali e di un'evoluta coscienza sociale, possa ammettersi la persistenza di una discrezionalita' legislativa volta a privilegiare l'erario con la presunzione assoluta di frode. In sostanza bisogna considerare, per citare le parole della Corte verificatrice "che il potere legiferante dello Stato non puo' certo spingere sino a incidere nella sfera personale di chi siasi risolto a contrarre il vincolo familiare, cosi' comprimendo valori costituzionalmente protetti" (sentenza n. 587 del 31 maggio 1988). Pertanto la sezione ritiene che l'esigenza del biennio di durata del matrimonio, di cui all'art. 81, terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 e all'art. 6, secondo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (gia' modificato per effetto della sentenza n. 15/1980 della Corte costituzionale) violi gli artt. 3, 29, 31 e 36 della Costituzione. 4.1. b) - Il Collegio passa ora a esaminare la questione di costituzionalita' che la parte ha sollevato, esponendo un profilo piu' limitato e cioe' senza mettere in discussione la legittimita' costituzionale del biennio ma auspicandone l'inizio della decorrenza del 72º anziche' dal 65º anno, come previsto dalla piu' favorevole legislazione dell'I.N.P.S. (art. 24, n. 2 della legge 30 aprile 1969, n. 153, che ha sostituito l'art. 7 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, modificato dall'art. 24 della legge 21 luglio 1965, n. 903). In proposito la parte ricorrente - richiamandosi alla sentenza n. 139/1979 della Corte costituzionale - argomenta che se la diversita' di trattamento "introdotta dall'art. 32 della legge n. 160/1975 ha giustificato la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 81, secondo e terzo comma, per i casi di impossibilita' a contrarre nuove nozze per l'esistenza di precedente vincolo, non si vede perche' altrettanto non debba accadere in presenza della ancor piu' incisiva e grave disparita' di trattamento tra la normativa dell'I.N.P.S. modificata dall'art. 7 della legge n. 1338/1962 che eleva a 72 anni l'eta' del pensionato, che contrae matrimonio, ai fini del diritto a pensione di riversibilita' al coniuge superstite e ribadita dal vigente art. 24 della legge n. 153/1969.............. e la normativa dell'art. 81, secondo e terzo comma, che pone il limite d'eta' a 65 anni"; tale diversita' di trattamento, conclude la ricorrente, viola "l'esigenza" nella razionalita' del sistema, dell'omogeneita' di tutte le situazioni relative (v. motivazione sentenza Corte costituzionale n. 502/1988) e quindi l'art. 3 della Carta Costituzionale. 4.2. - La Corte aderisce alle prospettazioni della parte ricorrente che non appaiono manifestamente infondate e rilevano nel giudizio in corso perche' se si accede all'assunto che il biennio di durata deve essere richiesto, cosi' come nella legislazione I.N.P.S. solo per i matrimoni celebrati dopo il 72º anno del dante causa, e' evidente che alla Fedeli dovrebbe essere riconosciuto il diritto a pensione di riversibilita' in quanto il di lei matrimonio con il Modolo fu contratto quando questi non era ancora settantaduenne. 4.3. - La durata biennale del matrimonio, richiesta nelle due lesiglazioni per i tardivi coniugii poggia su un'identica finalita' che consiste nel negare effetti pensionistici ad un vincolo contratto nel prevalente se non esclusivo proposito di lucrare una pensione di riversibilita'. Ma se l'intento del legislatore e' quello di evitare il raggiungimento di un simile scopo fraudolento, non si vede perche' la fraus dovrebbe presumersi da una diversa decorrenza temporale: a) per la vedova di un dipendente statale nell'ipotesi di matrimonio contratto dopo il 65º anno del dante causa pensionato; b) per la vedova di pensionato dell'I.N.P.S. (che potrebbe essere la vedova di un ex impiegato statale gia' iscritto all'I.N.P.S.) solo nell'ipotesi di matrimonio contratto dopo il 72º anno del dante causa pensionato. La diversa disciplina appare irrazionale e lesiva dell'art. 3 della Costituzione non potendo essere giustificata con pluralismo degli ordinamenti la circostanza che la presunzione assoluta della frode possa sostanziarsi con riguardo a tempi diversi e che diversa debba essere, conseguentemente, il dies a quo del biennio.